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TIRO al BARATTOLO

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Per il vescovo Giusti il seminario è come la Normale
Il presule presenta la festa del Gavi e sottolinea: "Qui gli studenti hanno casa e lavoro: devono meritarseli", paragonandolo agli istituti superiori universitari e all'Accademia Navale


Il vescovo, consapevole di questi tempi di crisi e precarietà, ha precisato: «I giovani che escono da questo istituto hanno garantiti una casa e un lavoro, è giusto che a essere premiati siano solo i più meritevoli».
da Il Tirreno del 15/11/2014


Mi sono spaventato, un po' intristo, e non solo, perché un po' di indignazione è entrata nel sangue e mi ha avvampato.

Due i punti sostanziali:

1.
È evidente la mancanza di rispetto per i tanti preti che oggi come nel passato hanno dedicato la propria vita al servizio agli altri e alla Chiesa senza nulla pretendere, anche quando lo stipendio non era assicurato. Che hanno messo del proprio, e della propria famiglia per la parrocchia e i poveri.
Se diventare prete è la "garanzia" di casa e lavoro - il ché non è neppure vero, e se il ministero sacerdotale deve considerarsi un "premio" basato sul "merito", significa che io ho sbagliato tutto nella mia vita.

2.
Se questi sono i criteri, quale sarà il futuro della Chiesa livornese?
Il seminario è scuola di futuro dove si semina la Chiesa che verrà.
Il discernimento che è chiesto ai Vescovi non dovrebbe avere altri parametri e altre considerazioni? Possibile che tutto debba essere mediato dall'economia delle cose e dalle leggi del mercato che, appunto contempla la meritocrazia?
Guardando alla Chiesa livornese di oggi e a molte scelte dettate dall'economia e dal mercato, qualche preoccupazione viene.


Nella scelta degli apostoli, mi pare, che il Signore abbia guardato "altro", le sue scelte sono state azzardate, mettendo a rischio la sua stessa vita.
Grandi santi pastori sono stati ordinati preti anche se umanamente non lo meritavano come san Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci, per l'appunto.

C'è solo da augurarsi che il virgolettato sia stata una libera interpretazione del giornalista che evidentemente ha privilegiato i suoi elementi di valutazione che non sono, o non dovrebbero essere, i criteri di un Vescovo nei confronti dei preti, del presente e del futuro.